Stampa Reggiana, intervista a Tiziano Binini

Intervista a Tiziano Binini, Stampa Reggiana, gen/feb 2019, Binini Partners, Società di architettura e ingegneria

Stampa Reggiana apre il 2019 dedicando la cover all’Ing. Tiziano Binini, Founder & CEO di Binini Partners. All’interno del magazine è possibile leggere una interessante intervista curata da Isabella Trovato.

Dopo aver realizzato il CORE, lo studio Binini Partners ha firmato il progetto del MIRE i cui lavori partiranno nel 2020
Pronti a scrivere il secondo capitolo dell’ospedale di Reggio.

 

“Abbiamo investito sulla salute, sul territorio e sulla conoscenza, settori che hanno un risvolto sociale fondamentale per la crescita e la sicurezza del Paese”

A Reggio Emilia è conosciuto come lo studio che ha progettato il CORE, il Centro Oncologico ed Ematologico del nostro ospedale e ora quello del MIRE, il futuro Ospedale della Donna e del Bambino. Entrambi progetti che hanno vinto importanti premi di architettura, il primo Premio CNETO 2015 come miglior ospedale, il secondo come menzione d’onore al The Plan Award 2018, a Venezia. E già questo basterebbe per farsi una minima idea di quello che è la Binini Partners. Uno studio di architetti, ingegneri e designers che ha ideato due strutture innovative, moderne e funzionali, per la sanità reggiana. Non sono le sole. Prima del CORE e del MIRE (per quest’ultimo i lavori inizieranno nel 2020), Binini Partners ha progettato, in questa provincia, anche l’Ospedale di Montecchio dal quale, in fondo, nasce questo percorso.

Ma uno studio di professionisti che arriva a realizzare progetti così ambiziosi, non può certamente esaurirsi con questi tre esempi. Ed è curiosando nel sito web di Binini Partners che si scopre un universo di altri importanti e prestigiosi progetti realizzati in Italia e nel mondo. E non solo nel settore della Salute. E allora ci siamo presentati alla porta di questo studio disposto su tre piani in via Gazzata, nel centro di Reggio Emilia. Un ingresso semplice e accogliente di un palazzo storico interamente recuperato. Difficile immaginare che sotto a quelle meravigliose volte affrescate e dietro a quei tavoli da lavoro, troppo riduttivo chiamarli scrivanie, ci siano menti armate di ingegno e voglia di pensare e progettare.

L’ingegner Tiziano Binini, fondatore di questa società di architetti e ingegneri, è un uomo sui 60 anni, gentile, pacato. Ha davvero tanto da raccontare. Per farlo segue la traccia del nuovo website appena pubblicato (www.bininipartners.it) perché, tra un progetto e l’altro, ci sarebbe da ascoltare per giorni se andasse a ruota libera. E allora il sito offre una sorta di sintesi. Per raccontare dell’affermazione su scala anche estera dello studio, poteva bastare appunto riprendere i progetti di questo studio made in Reggio. Ma si sarebbe persa l’altra metà della storia. Perchè a progetti così ambiziosi non ci si arriva per caso. Ci vogliono sapere e conoscenza, tenacia e volontà, il sogno e la determinazione. Ed è qui che entra in campo proprio lui, Tiziano Binini, il fondatore. Un adulto che da bambino sognava di diventare un progettista e ci è riuscito. E nonostante ciò, non smette di sognare e continua a progettare. E non è da solo. Oltre ai figli Marta e Matteo, lo circondano altri 30 professionisti. Il doppio di una squadra di calcio, laddove le competenze di uno arricchiscono il sapere dell’altro. Una volta entrati nel suo studio, Binini ci semplifica il lavoro. Ci fa sedere al tavolo delle riunioni, accende un grande monitor, impugna il telecomando e, mentre il figlio Matteo lo affianca, ci dice “partiamo dal sito”.

Ed ecco che sul grande monitor si apre una schermata con le foto dei professionisti del gruppo di lavoro e le immagini delle strutture progettate e già realizzate, che si susseguono l’una dopo l’altra. Si va dall’IRCCS Galeazzi di Milano, l’ “Ospedale del Futuro” in area MIND, all’ospedale per la Donna e il Bambino di Firenze, riferimento per l’intera Toscana, per poi lasciare all’improvviso la Sanità e approdare in un porto, nel mare della Sardegna, il Porto di San Teodoro. Successivamente di nuovo la Salute, con il Mire di Reggio Emilia, e di nuovo un cambio repentino, alla scoperta della più grande opera di ingegneria idraulica recente in Italia, la Conca di Navigazione di Isola Serafini e, infine, un progetto per la sistemazione dell’alveo del Po che abbraccia quattro regioni.

Ingegnere partiamo dal sito e dallo studio Binini Partners.
Le rispondo spiegandole che abbiamo dato vita al sito per dare risalto alle professionalità e alle competenze che lavorano con noi. Abbiamo uno studio associato, Binini Associati, che accoglie giovani professionisti inquadrandoli sotto il profilo professionale, e poi abbiamo la Binini Partners S.r.l., società di architettura e ingegneria, che si occupa di tutte le attività operative del gruppo. I giovani che crescono e restano nel nostro team, possono diventare associati dello studio e soci della srl. Nel 2018 ci siamo classificati al 34esimo posto tra le più importanti società di architettura e design in Italia, secondo le classifiche pubblicate dal Sole 24Ore.
Dunque la nostra è una struttura che, nonostante anni di crisi, cerca di assicurare formazione e solidità occupazionale, per offrire ai professionisti che lavorano con noi prospettive di crescita, la possibilità di costruirsi un futuro e di divenire parte di un team. In un contesto come quello odierno in cui questo tipo di figure professionali lavora spesso in condizioni di precariato, senza la certezza di un contratto o di un inquadramento, cercare di assicurare continuità professionale in uno staff strutturato vuol dire investire per crescere tutti insieme. È anche una questione di ideali se vogliamo. Come è una questione etica la scelta che Binini Partners ha fatto relativamente ai campi in cui lavorare. Abbiamo investito sulla Salute, sul Territorio e sulla Conoscenza, occupandoci di strutture universitarie e di ricerca, di infrastrutture, di opere idrauliche e di navigazione, oltre che di ospedali, settori che hanno un risvolto sociale fondamentale per la crescita e la sicurezza del Paese. Non mi piace parlare di successi, ma se posso usare la parola “affermazione” per il nostro studio, posso dire che questa crescita, maturata in decenni di lavoro, passa dal nostro impegno e dalla ricerca continua per migliorare la qualità e l’innovazione dei nostri progetti, che nel tempo ci hanno premiato”.

Ingegnere si passa appunto dalla Sanità a settori anche molto diversi, come le opere di ingegneria idraulica. Come mai questo salto?
Sul settore ospedaliero mi sento di dire che siamo leader in Italia. Ma il segreto è nella multidisciplinarietà e nell’integrazione delle competenze, oltre che nel metodo applicato ad ogni lavoro: non accontentarsi mai delle prime ipotesi, ma sperimentare e affinare ogni idea e ogni progetto per trovare le soluzioni migliori per ogni problema. A questo tipo di attività in campo sanitario, abbiamo quindi sommato la nostra attenzione al settore della ricerca e dell’insegnamento universitario, del paesaggio e delle infrastrutture, abbinata alla nostra sfera di competenza ovviamente. Da qui nascono i progetti che ci vedono protagonisti nell’ingegneria idraulica ad esempio. Noi siamo tra i massimi esperti in Italia di navigazione fluviale. Il progetto di intervento sull’alveo di magra del Po, che si può vedere sul sito, è un progetto che ha come obiettivo la tutela del territorio preservando lo sviluppo e l’equilibrio naturale del grande fiume. Abbiamo progettato un metodo di sistemazione che consentirebbe, con un investimento molto contenuto, di raggiungere tre obiettivi: garantire la navigazione turistica e commerciale, che oggi invece è inesistente, riducendo i trasporti su gomma e l’inquinamento, assicurando inoltre la riqualificazione dell’ambiente fluviale e la sicurezza degli argini rispetto alle piene. Sono state superate così altre ipotesi del passato, che miravano alla bacinizzazione del fiume, con la realizzazione di sbarramenti, che di fatto lo modificavano radicalmente, con un costo quasi cinque volte superiore. Lo studio di fattibilità redatto per AIPO ha dimostrato che la nostra ipotesi di sistemazione dell’alveo di magra è preferibile ed è stata adottata dalle quattro regioni bagnate dal Po, passando oggi, finalmente, alla fase attuativa.”

Ingegnere mettiamo per un attimo da parte i vostri successi e i vostri progetti. Raccontiamo la storia di uno studio professionale così di rilievo. Lei lo avrebbe immaginato da bambino di affermarsi come ingegnere?
Guardi, da piccolo sognavo di fare il progettista. E le spiego anche il perché: mio padre inizialmente aveva lavorato alle ex Reggiane, imparando a costruire ogni cosa. Successivamente si era specializzato come tecnico lavorando per l’Enel, prima di avviare una propria impresa. Credo che la mia passione sia nata anche grazie a lui. Erano gli anni del dopoguerra, dell’elettrificazione dell’Italia, della crescita produttiva e industriale del Paese, del benessere, del miglioramento delle condizioni di vita di tutti. Vedevo in questo le capacità di architetti e ingegneri di inventare il futuro.”

Ha avuto paura ingegnere quando si è messo in proprio da solo? Una bella sfida
Paura no. Però, come dicevo a mia moglie Rosaria, mi sono lanciato a 40 anni in questa avventura con pochi soldi e una matita in tasca. Avevo però una solida esperienza alle spalle, avendo lavorato per anni con grandi professionisti come Franco Valli, Paolo Voltolini, Nanni Ferrari, Gabriele Della Luna e Osvaldo Piacentini”.

E il settore della difesa idraulica?
Un’altra grande passione di sempre: la cura dei fiumi. È esplosa nel 1994, quando c’è stata la piena del Po che evidenziò tutta una serie di limiti e pericoli legati al grande fiume. Ho sempre amato le sfide complesse, quelle dove davvero si può fare la differenza. In quel caso abbiamo seguito tutta la messa in sicurezza del Po, da Brescello fino a Suzzara, per 28 km di argine. All’epoca nello studio eravamo in 5, al massimo 6.”

E al CORE, al Centro Oncoematologico dell’Ospedale di Reggio, come ci arriva?
Il CORE lo abbiamo realizzato vincendo la gara indetta dal GRADE, l’Associazione Gruppo Amici dell’Ematologia che pagava la progettazione ed ha indetto una gara per selezionare i migliori progettisti. Avere un centro per l’oncologia a Reggio era ormai un bisogno urgentissimo. Noi all’epoca lavoravamo molto sull’estero. Sulla presentazione del progetto del CORE ha influito moltissimo l’esperienza che noi avevamo fatto, come studio, in Arabia Saudita, realizzando progetti per una importante famiglia locale che gestisce ospedali.”

E questa famiglia come era arrivata a voi?
Cercavano uno studio che seguisse per loro la progettazione, ci hanno trovato sul mercato, selezionati in una rosa di studi internazionali. All’epoca Binini Partners aveva realizzato la progettazione dell’ospedale di Montecchio, intervento che, nel mondo ospedaliero appariva già come una novità. Da qui il contatto con questa famiglia del settore sanitario in Arabia Saudita. Per lavorare con loro abbiamo viaggiato molto e visitato diverse strutture ospedaliere anche all’estero.”

Quindi qual è la logica che è prevalsa con il Core?
Prima di tutto bisogna ricordare il valore che ha avuto il GRADE in questa operazione, non facendo mai perdere di vista le esigenze del paziente, nonché del personale e rappresentando uno stimolo continuo per trovare soluzioni migliori. L’aspetto più innovativo del progetto sono la flessibilità data dagli spazi, interamente liberi, e la reale ripartizione dei percorsi, mai interferenti, da quelli per gli utenti, i pazienti e le merci, sporche e pulite. La nostra più grande soddisfazione legata a quel lavoro è stato l’entusiasmo del personale di fronte all’opera, che ha apprezzato la possibilità di lavorare in ambienti curati, grandi e luminosi. Il progetto, poi, è sicuramente all’avanguardia; per questo è piaciuto molto al Gruppo San Donato, con il quale lavoriamo da anni e per cui abbiamo seguito la progettazione del Nuovo Ospedale Galeazzi. Anche questa struttura ospedaliera va nella stessa direzione, massima razionalità per ottimizzare l’impiego delle risorse, rendendo la sanità sempre più sostenibile ed efficiente. L’impianto organizzativo del Galeazzi è lo stesso del CORE, raddoppiato e moltiplicato nel numero di piani. In questo caso, però, si tratta di un ospedale intero, oltre che di un importante centro di ricerca. I lavori sono partiti nel 2018; si tratta del primo cantiere dell’area ex Expo Milano 2015, oggi MIND, Milano Innovation District.”

Il MIRE cos’ha in più rispetto al Core?
Per il MIRE si sarebbe potuto realizzare un edificio gemello al primo, in realtà è decisamente diverso. Abbiamo studiato una tipologia completamente nuova perché rispondeva ad esigenze in parte diverse dal precedente. Il CORE cura malattie importanti e gravi. Il MIRE, invece, è legato al percorso della nascita, non unicamente alla malattia, e questa, anche se gestita in ospedale, non va trattata come una patologia. C’era dunque l’esigenza di mettere insieme una struttura che rappresentasse la “Vita”.
Al primo piano abbiamo costruito un giardino d’inverno sul quale si apre la pediatria per offrire un luogo di svago, protetto e riparato, ai bambini ed alle loro famiglie, perché dobbiamo ricordare che quando un bambino è malato, non tutto del bambino è malato, per questo motivo dobbiamo garantire loro la possibilità di esprimere tutto ciò che li può aiutare a superare un momento difficile come il ricovero ospedaliero. Anche l’ostetricia e la ginecologia, poste ai piani superiori, affacciano su questo spazio, godendo così non solo della vista, ma anche della luce e dell’aria di un ambiente aperto.
Per il MIRE abbiamo stravolto l’immagine architettonica dell’edificio, che sarà bianca, luminosa. Mentre il CORE riprende in parte gli stilemi architettonici tipici del Santa Maria Nuova, in particolare con l’utilizzo del mattone facciavista, con il MIRE abbiamo sentito la necessità di cambiare radicalmente. È il futuro. Praticamente siamo pronti a scrivere il secondo volume dell’Ospedale di Reggio Emilia.”

SHARE TO